Non è ‘tutto’ responsabilità del robot. Spunti su una teoria della rappresentanza in ambito robotico

Ricalcolando in termini civilistici i contenuti delle discussioni attorno al tema della robotica, la questione dominante è di regola la responsabilità. L’individuazione cioè dei criteri di imputabilità del fatto del robot (o anche del drone) e la conseguente reazione, di tipo riparatorio o sanzionatorio, che l’ordine giuridico dovrebbe approntare al danno derivante. Il che mi pare mostrare un malinteso di fondo sul fenomeno della robotica. Che la questione, cioè, non sia del tutto ben posta. E ciò al di là del fatto – difficilmente opinabile – che l’esaurire il tema dell’automa al concetto, più o meno lato, di responsabilità, dia prova di un certo ritardo nella regolamentazione normativa in materia; e di un correlato ammanco di dati e cultura scientifica, dovuti ad una prudenza, forse eccessiva, nell’ambito della ricerca. L’atteggiamento del giurista che, nel qualificare il dato, si collochi in modo quasi immediato, univoco nella prospettiva della ‘responsabilità’, mi pare tradire infatti una diffidenza di fondo verso il fenomeno stesso. Se ne osserva la dinamica sempre nell’ottica di ricondurne gli effetti (illeciti o dannosi) a un determinato soggetto, che sia il produttore o il custode. Non di studiarne le cause e con esse gli altri vari profili di interazione dell’attività del robot col sistema giuridico in generale. Una prospettiva forse fallace quella della unilaterale «ricerca del responsabile», specie quando sia adottata nei casi in cui l’automa si presenta nella realtà come figura integralmente sostituiva all’attività dell’uomo. Quale è il caso del robot-commesso in un esercizio commerciale. Una situazione che mostra risvolti giuridici ben più articolati della mera responsabilità del fatto compiuto dal preposto.

L’indiscussa centralità del tema della responsabilità mi pare trovare almeno due ragioni. La responsabilità è il principale dei criteri ordinatori della realtà giuridica, unitamente ad altre nozioni generali: negozio, diritto soggettivo, proprietà. Ad esso l’ordinamento ricorre per stabilire ‘se e chi’ debba sopportare le conseguenze economico-giuridiche di una certa attività, di un certo fatto, anche e non soltanto di un fatto umano; che abbia prodotto la trasformazione, consumazione o perdita di un bene, di un valore o di un diritto. Come ad esempio il danno che deriva da un animale che, sfuggito al controllo del suo padrone, abbia arrecato un danno a terzi. La responsabilità si presenta cioè al diritto quale figura che meglio illustra il rapporto tra precetto e sanzione, da cui deriva la percezione comune che l’ordinamento sia sintetizzabile nell’insieme eterogeneo di regole che conducono sempre, seppur con logiche diverse, all’individuazione di ‘chi’ debba (a) sopportare il rischio di un’attività (b) riparare al danno procurato (c) eseguire o tollerare uno spostamento patrimoniale giustificato. Al primo motivo se ne aggiunge un altro, ossia la logica ‘personale’ della responsabilità giuridica. Che, pur quando ammette ipotesi di imputazione oggettiva, segna nel caso fortuito e nella forza maggiore un rigorosissimo confine, ammette comunque la prova liberatoria e, in ogni caso, riconduce la sanzione pur sempre all’omessa vigilanza o custodia del soggetto agente ovvero all’autoresponsabilità di svolgere attività di per sé fonte di pericolo per la collettività. La responsabilità evoca tutta una concezione della norma quale regola di salvaguardia e protezione della socialità. Una concezione antica, che per tradizione e struttura ha nell’uomo, e solo nell’uomo, la sua ragione iniziale e finale: omne ius constitutum causa hominum.

È accettabile però che, di primo acchito, innanzi al fenomeno della robotica, quale forma complessa di automazione dei processi produttivi e comunicativi, il giurista ricorra unicamente al concetto di responsabilità? Tanto per l’inesatto adempimento dell’attività (robotica) richiesta al produttore del robot, quanto per imputare la violazione della regola dell’alterum non laedere attraverso il robot ? Oppure il linguaggio giuridico può offrire ulteriori diversi strumenti di decodificazione ? È dotato cioè il sistema di strutture capaci di modellarsi attorno al fenomeno della robotica fuor di responsabilità? L’ordinamento si presenta come schema variabile di istituti. Vi sono alcuni che rispondono a logiche diverse oppure complementari alla responsabilità. Istituti a cui corrispondono altrettanti criteri ordinatori. Categorie cioè che si utilizzano per spiegare i «momenti giuridici»: le situazioni soggettive quali sono tutte le vicende che sorgono, si modificano o si estinguono al verificarsi di un fatto normativo, previsto cioè da una norma. La rappresentanza è uno di questi istituti. E forse è una chiave per spiegare ‘altrove’ il fatto del robot e la sua interazione con l’uomo.

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